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Decluttering: dimmi come declutteri e ti dirò chi sei! Ti raccontiamo la nostra esperienza

Fare decluttering può essere un processo particolarmente difficile, soprattutto quando ci trova a doverlo fare da solə: il carico mentale (o emotivo) che questa attività produce è travolgente, sia in termini positivi che negativi. Avrò eliminato abbastanza? Potevo fare di più? Perché è così difficile staccarsi da quel portachiavi che mi è stato regalato alle elementari?


Per questo, ossia per ricordarti che non c’è un modo più giusto di fare le cose, abbiamo pensato di raccogliere per te un po’ di esperienze del nostro team Impatto.



Organizzatorə seriale

Faccio il cambio armadio due volte l’anno: quando inizia a fare troppo freddo o troppo caldo. Non è un momento che amo particolarmente, cerco di rimandarlo il più possibile, ma quando arriva tolgo tutti i vestiti dagli armadi e dai cassetti, creo un gran casino, mi allontano, mi viene lo sconforto, faccio un respiro e parto. Per prima cosa sistemo i vestiti che ho usato di più, so che vorrò metterli nello scatolone in attesa di indossarli l’anno successivo. Poi affronto la parte più difficile: scegliere cosa tenere e cosa no dei vestiti che ho indossato raramente o quasi mai nei mesi precedenti. Con gli anni sono diventata più decisa e selettiva, ho capito che non mi servono così tanti vestiti e, soprattutto, spero che questo lavoro mi aiuti l’anno successivo ad affrontare il tanto odiato cambio armadio.


Accumulatorə (ma con contegno)

Il significato che do alla parola (e all’azione del) decluttering è in costante mutamento, e varia da situazione a situazione: a volte, fare decluttering è un’attività pratica, di smistamento, rivalutazione, scelta; altre volte, è invece un processo mentale che parte molto prima, e che si conclude con l’evitare di portare a casa, “per ricordo”, anche solo il depliant di quella mostra fighissima vista per caso. In ogni caso, posso dire con un certa sicurezza che, come molte altre persone là fuori, per la maggior parte del tempo tendo ad accumulare cose senza fare spazio. Pensando alla strategia usata durante l’ultimo decluttering pratico che ho fatto – quello grazie al quale ho tramutato la mia stanzetta da seienne in una stanza per una persona che, quando passa per la sua città natale, deve lavorare – credo che, per me, sia stato essenziale prendermi del tempo (duh!). Evitare la fretta e la pressione mi ha permesso di scegliere coscientemente cosa aveva ancora valore per me all’interno di quei 20 anni di stanza. Il risultato? Su 10 scatoloni preparati (di libri, vestiti, giochi dell’infanzia, e dei famosissimi “quaderni delle elementari”), ne ho tenuti quattro (gli altri sono andati tutti in regalo). Potevo fare di meglio? Probabilmente sì, ma anche il decluttering si impara!


Minimalismo 2.0

Vengo da una famiglia che ADORA accumulare cose. Vestiti, scarpe, gioielli, radio e perfino mobili. Ogni angolo della casa dei miei genitori è piena zeppa di carte, oggettini e scatoline. Quando sono andata via di casa mi sono portata con me una parte di questa tendenza ma con il primo trasloco all’estero ho capito che tante di quelle cose che portavo con me da anni occupavano tanto spazio senza servire a nulla... Le tenevo con me solo per abitudine e perché “erano mie”. Così è iniziata la mia rivoluzione minimal e piano piano ho iniziato a “sbarazzarmi” di tutte quelle cose che non avevano nessun valore per me, dandole in beneficenza o regalandole a vicini e amici. Con il secondo e terzo trasloco in un altro paese era decisamente venuto il momento di selezionare i miei averi. Allora sono passata alla cernita di tutte quelle cose che, anche se mi stavano a cuore, non avevano nessuna funzione o non le utilizzavo da tanto tempo. Con l'ultimo trasloco ho deciso che avrei smesso di accumulare e sto cercando di rendere la mia vita quanto più minimalista possibile. Non riesco sempre, ma mi rendo conto di quanto mi renda felice avere l’armadio o gli scaffali riempiti al punto giusto, di sapere esattamente a cosa può servirmi ogni oggetto, nel presente e nel futuro. Sugli acquisti riesco a contenermi ma é ancora difficile staccarmi da certi oggetti che hanno un valore sentimentale. Ma poi mi dico: “sono solo cose, queste emozioni e questi ricordi li proverei comunque anche senza gli oggetti tra le mani”.


Dottor Jekill e Mister Hyde

L’ambivalenza propria di questo personaggio descrive bene il mio rapporto con il decluttering! Rispetto alla mia famiglia d’origine, tendo ad essere molto più essenziale e minimalista, anzi a sentirmi un pò soffocata dall’accumulo di oggetti. Questo è anche il motivo per cui faccio il cambio di stagione nell’armadio due volte l’anno accompagnandolo ad un’operazione di ordine e pulizia. I sacchetti di abiti che non indosso finiscono prontamente tra le mani delle mie felici cuginette! Il mio lato ombroso è invece legato al timore dello spreco. Intendo che ho la propensione ad accumulare cose che non voglio buttare per non provocare rifiuti o che potranno impedirmi di crearne in futuro, ad esempio barattoli, confezioni varie, sacchetti e sacchettini… Scopo nobile, ma nella concretezza dei fatti è un attimo a non avere più posto, non usare comunque gli oggetti “salvati” e riprovare quella sensazione di soffocamento! Spero di trovare pian piano il mio equilibrio!


Bianco o nero – non conosco le scale di grigio

Di base il concetto di decluttering mi mette in uno stato psicologico di pace, pensare a degli spazi gestiti in modo ordinato e senza eccesso di “cose” accumulate mi trasmette tranquillità. Dall'altra parte spesso affronto il tema dell’acquisto con un mood tipo “compralo che non si sa mai, può sempre servire”. Alla fine è come se volessi comprare delle cose ma poi avere la necessità di liberarmene subito. Se assecondassi sempre entrambi questi istinti sarei un pericolo ambulante, quindi mi impegno a far prevalere la Marie Kondo che c’è in me, anche in modo eccessivo, agendo in preda a raptus che mi spingono a buttare tutto in sacchi da far sparire immediatamente da casa. Un grande passo in avanti nel mio processo di approccio al decluttering, che si sta evolvendo negli anni, è stato sicuramente passare dal buttare via le cose, al donarle a delle associazioni a scopo benefico, allo scoprire l’esistenza dei negozi di seconda mano dove non sono vendo, ma ora anche acquisto, tantissime cose, soprattutto libri e vestiti. Il mondo dell’usato posso dire che è stata la mia piccola rivoluzione nel percorso verso il decluttering; frequentare i negozi second hand (fisici o online) è utile, divertente ed ha una sola regola: mai tornare a casa con un numero di oggetti superiore a quello che hai portato al negozio.



…e Proust muto!

Quando mi sono trasferita nella mia attuale casa ho portato con me solo le cose essenziali, ciò che mi serviva, o meglio, ciò che ero abituata ad utilizzare e vedere sotto i miei occhi: principalmente libri e vestiti. Ci ha pensato la mamma, nei mesi successivi, a riempire uno svariato numero di scatoloni con le cose che trovava in camera mia o in giro per la casa. Non ha selezionato nulla, perché avrei dovuto decidere io cosa buttare e cosa trattenere. Le ho portate a casa e solo a distanza di due anni (e per un buon motivo: mi serviva una stanza libera!) ho deciso di prendere in mano gli scatoloni e prendere delle decisioni. Ho passato un’intera giornata a dividere le cose: quaderni e fogli vari dell’università, stoffe, oggetti di cartoleria, documenti (molti dei quali inutili o già archiviati online), dépliant di viaggi, diari scolastici, oggetti regalati o comprati in qualche viaggio, soprammobili improponibili… E non ho buttato via quasi nulla. Nel giro di qualche mese ho ripreso tutto in mano e sono stata più severa, o meglio più “onesta” con me stessa nel dare il giusto peso, la giusta importanza e collocazione a ciò che mi passava tra le mani. C’erano tantissime cose (la maggior parte) che non aveva senso tenere, ovviamente non mi erano servite fino a quel momento, perché ne avrei avuto bisogno proprio ora? Devo essere sincera: molte cose le ho buttate perché inutili, inutilizzabili se non come soprammobili, alcune le ho donate ad una pesca di beneficenza, altre le ho semplicemente messe al loro posto e, avendo sott'occhio, sono diventate cose utili e non più “cose accumulate in una stanza”. Non ho mai buttato via facilmente le cose (neanche le scatole del thé o i vasetti di marmellata), pensando mi potessero servire per chissà cosa in un futuro. Ma ho sempre sbagliato il modo di conservarle. Infatti, se custodisco una cosa per riutilizzarla e poi la lascio finire in uno scatolone o ammucchiata con altri oggetti, finisco per dimenticarmene e la cosa diventa un oggetto inutile e non più un oggetto riciclato.


E tu che declutter sei?

Ora che hai avuto conferma di quante sfaccettature ci possano essere in questa modalità di “far spazio”... dicci la tua! Che declutter sei?

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